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Insegnare Focusing in Zone di Guerra

``Insegnare Focusing in zone di Guerra `` - di Lyly Rojas De Knaus, Ph.D., psicoterapista, specialista per le comunicazioni interculturali e consulente N.U.

Traduzione italiana di Emmy Parisi

Quando le persone sentono che insegno Focusing in zone di guerra come il Kosovo, di solito mi chiedono come lo presento. La mia risposta è semplice: insegno il Focusing alle vittime della tortura e di crimini di guerra (come lo stupro e altri crimini efferati), come pure a diplomatici internazionali, nel modo in cui lo insegno a chiunque altro, in qualsiasi altra circostanza. Li guido a portare l’attenzione al loro senso interiore di saggezza corporea e a ricevere i doni del Focusing quando qualcosa in loro cambia e si muove in direzione della crescita e dell’integrità.

Non è il modo in cui insegno il Focusing che fa la differenza. Per me, la differenza sta nel dove. Il Focusing è qualcosa che faccio in un contesto politico unico. Non c’è modo di lavorare nell’arena internazionale della pace senza trovarsi intimamente intrecciati con la politica

“Non c’è modo di lavorare nell’arena internazionale della pace senza trovarsi intimamente intrecciati nella politica. Il mio lavoro è una lezione quotidiana di umiltà.”

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Insegnare abilità di mediazione e negoziazione è parte del mio lavoro. In qualità di consulente indipendente per molte agenzie delle Nazioni Unite, tra le mie responsabilità c’è l’istruzione di diplomatici di 142 paesi in tecniche di risoluzione di conflitti. Focusing e meditazione – gli aspetti profondi del lavoro per la pace – non possono essere insegnati in modo aperto. A causa delle intense influenze politiche, trans-nazionali, religiose ed altre, non posso apparire come se stessi promuovendo alcunché che possa minimamente sapere di ideologia, teologia, cosmologia o pedagogia. Il Focusing non deve sembrare qualcosa di associato ad alcuna cultura specifica.

In verità il, Focusing è più ampio di qualsiasi frontiera. Questo processo, intrinsecamente umano, è il modo in cui il corpo e lo spirito degli uomini può comunicare a prescindere dalla cultura in cui vivono.

Condivido questo modo profondo con 1) i diplomatici o 2) le vittime (di genocidio e altri deplorevoli atti contro l’umanità). Naturalmente molte vittime hanno a che fare con i bisogni primari di sicurezza, del restare vivi e quelli medico-sanitari, non con quelli dello sviluppo psicologico e spirituale. A volte, queste vittime non sono in grado di entrare nel corpo e ascoltarlo, perché sentono che il loro corpo li ha traditi. Devo lavorare con grande delicatezza Metto a disposizione l’ambiente di ascolto delle attitudini di Focusing e faccio da modello del modo accettante e compassionevole di “essere” Focusing invece che “insegnare” Focusing.

Quando accompagno qualcheduno attraverso la sua personale storia di discesa agli Inferi, eseguo quella che chiamo una “focusing melody”, dove porgo un’attenzione continua al corpo (tono di fondo) mentre ascolto la sua storia di orrore (tono di primo piano). Esploro le mie emozioni, i miei sentimenti, i pensieri e le sensazioni, diventando acutamente consapevole di me stesso, ma senza abitare in essi. Grazie a questa “focusing melody”, riesco a mettere le mie reazioni al secondo posto ed essere completamente presente per la vittima. Non ci sono formule da consigliare. Sta sempre all’individuo, perché ogni persona è unica e la situazione in cui lavoro è una situazione estremamente politica.

Trovo che sia sempre utile vivere ed essere un modello del Focusing, un processo ricco, che aiuta me e coloro cui insegno ad essere più presenti al mondo momento per momento. Attraverso il mio lavoro posso portare minuscoli frammenti di pace in un mondo che trabocca di violenza. In guerra e in pace, fare qualsiasi cosa possa al meglio generare la guarigione è la via umile. Il Focusing è il mio compagno in questo viaggio. Il mio lavoro è una lezione quotidiana di umiltà.

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