Focusing e spiritualità: Buddhismo

Il maestro di meditazione americano Robert Aitkins Roshi una volta in un’introduzione al Buddismo Zen suggerì che gli studenti che vogliono intraprendere un serio studio del Dharma non potevano trovare preparazione migliore dell’apprendimento del Focusing.

Il Dharma buddhista sostiene che la nostra percezione di sé e del mondo, in effetti il nostro intero senso della realtà, è costruito su abitudini di attenzione fissa meno che consce. Questo tipo di attenzione si irrigidisce in schemi condizionati di giudizi difensivi dediti al controllo dell’esperienza per amplificarne al massimo il piacere ed evitare il dolore.

Tuttavia, paradossalmente, nell’ottica buddhista è proprio in questi attaccamenti, o abitudini condizionate del modo in cui incontriamo l’esperienza, che si trova la radice della sofferenza umana.

Pertanto, i sistemi di meditazione buddhista insegnano metodi per decondizionare radicalmente l’attenzione attraverso pratiche che manifestano quello stato di assenza di giudizio, non dualità e presenza incondizionatamente aperta che si trova sotto ogni esperienza.

Esistono due aspetti in cui il Focusing funziona come la migliore preparazione per le pratiche buddhiste.

In primo luogo, concepito come disciplina mentale, il Focusing ci insegna ad avvicinarci all’esperienza con un’attenzione più rilassata, per cui chi lo pratica può trovare il terreno di mezzo tra l’essere semplicemente sopraffatto dal dolore e limitarsi ad evitare del tutto le sensazioni dolorose. In questo modo, il Focusing funziona allentando gli attaccamenti ai modi consueti, sterili ed abituali, di costruire e rispondere ai problemi.

In quanto pratica quasi-meditativa e quasi-terapeutica, il Focusing insegna passi concreti per rilassare l’attenzione e creare aperture dalle quali è possibile esperire se stessi e il mondo in modo nuovo.

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In secondo luogo, in quanto disciplina corporea, il Focusing insegna ai praticanti come guidare la propria attenzione facendo riferimento ad un ’experiencing’ sottile percepito nel corpo. Questo è particolarmente importante per la sensibilità occidentale moderna che per abitudine culturale vede il corpo come un tipo di macchina e ne ignora il ruolo cruciale nella creazione di significati.

Il Buddhismo, d’altro canto, si basa sull’implicito coinvolgimento in un sapere corporeo che è poco accessibile agli studenti occidentali che non abbiano preliminarmente educato  la propria attenzione a seguirne i sottili segnali.

In sintesi, il Focusing collega due abilità di base che  sono aspetti fondamentali della presenza mentale nella meditazione: il rilassamento dell’attenzione, che allenta gli attaccamenti a modi di sperimentare sé stessi condizionati dall’abitudine, e la guida all’esperienza di sé mediante la sensibilità corporea.

Benché queste abilità siano essenziali per comprendere e praticare rettamente il Dharma buddhista, il collegamento dell’attenzione guidata in modo corporeo al lavoro su tematiche sedimentate durante la vita rimane non solo unico nei setting terapeutici occidentali, ma del tutto non esplicitato nelle forme di buddhismo esoterico insegnate più comunemente in Occidente come lo Zen e il Tantrismo.